Padova, Palazzo Zabarella – Fino al 28 marzo 2016. L’Italia del Risorgimento documentata dal “rivoluzionario della macchia”: la ‘biografia pittorica’ di Giovanni Fattori, alla ricerca del ‘vero’, tra luci e ombre di un paese in (ri)nascita.

La bellezza spavalda di una giovane anima rivoluzionaria: i capelli inquieti e un cipiglio di rimprovero. L’Autoritratto di Giovanni Fattori (Livorno, 1825 – Firenze, 1908) apre la porta allo spettatore per guidarlo attraverso luoghi e speranze di un’Italia che (in)sorge, satura di sogni unitari e audaci ideali di progresso. Era il decennio 1850-’60 nella Firenze liberale dei granduchi quando la sovversiva fucina del “Caffè Michelangelo” ardeva di antiaccademismo e ribellione: il maestro livornese si ritrae mentre impugna il pennello come un’arma, la stessa con la quale ha compiuto la rivoluzione sulla tela, in nome del sentimento della natura e del vero. La mostra a Palazzo Zabarella esplora la personalità schiva del caposcuola dei Macchiaioli, all’avanguardia nella tecnica e nella visione: un maestro che ha fatto della fede nel cambiamento di un’epoca il proprio talento.
Il mare su una scatola di sigari
Fattori affida le pose di atavica nobiltà delle sue contadine a un’orizzontalità panoramica pervasa di lirismo: Le macchiaiole sono madonne quattrocentesche, Le acquaiole sono sospese nella campagna livornese, silenziosa e ancestrale alla luce mattutina; la corsa a briglie sciolte dei Cavalli in Tombolo infrange l’equilibrio di una radura incantata. La metrica del “cantore del vero” sfalda i confini delle vedute sulle tavolette, leggere come poesie sussurrate, disarmanti nella loro evocatività. Sotto la tenda sul mare di Palmieri il tempo rallenta: le signore senza volto sono le macchie di ‘verità pura’ che il pittore va cercando, catturate su una scatola di sigari. La Maremma, selvaggia e inaridita, è paesaggio dell’anima. Le opere di Fattori riempiono la stanza di una quiete assorta, di un tempo disteso; il tutto sotto lo sguardo placido dell’ossuto Pio bove, iconografia che il cultore della macchia riprende dal sonetto di Carducci per entrare nel ‘900 con un capolavoro dalla monumentale sacralità.
G. Fattori, Acquaiole livornesi, 1865. Livorno, collezione privata. G. Fattori, Pio Bove, 1904, olio su tela. Livorno, collezione privata. G. Fattori, Le macchiaiole. Adiacenze livornesi presso Antignano, 1866 circa. Livorno, collezione privata. G. Fattori, La Rotonda di Palmieri a Livorno, 1866. Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Giovanni Fattori, Diego Martelli a Castiglioncello, 1867, olio su tavola, 13 x 20 cm. Collezione privata. G. Fattori, E ora?, 1903, olio su tela, 62×107 cm. G. Fattori, Riposo (Il carro rosso), 1887 circa, olio su tela. Milano, Pinacoteca di Brera.
Un «pacifico innamorato delle battaglie»
Nella bufera delle guerre d’indipendenza trova l’umanità celata nella violenza: il Fattori militante ritaglia per sé un posto privilegiato nelle retrovie, spettatore delle fragilità umane. Il «pacifico innamorato delle battaglie» predilige la storia con l’esse minuscola, di cui stende una cronaca quotidiana e antieroica. Il suo è il mondo dei vinti e degli ultimi che rimarranno tali: senza retorica né sentimentalismo, documenta la solitudine di anonimi soldati senza medaglie, il ritorno dei feriti a battaglia terminata, i carri dei soccorsi. La sua indagine approda negli anni ‘70 all’annullamento dello spazio: Il muro bianco sorge in un “deserto dei Tartari” abbacinante e sospeso, cui la prospettiva tagliente come un coccio di bottiglia conferisce la massima astrazione. L’orizzonte scolora al sole nella polvere irreale di un mezzogiorno senza lancette. Sull’intonaco calcinato si proietta l’ombra della solitudine della vedetta: e l’attimo fugace si cristallizza in eterno.
Fattori è il lucido portavoce della delusione nazionale: le generazioni che si sono battute per unificare l’Italia sono state disarcionate insieme ai loro ideali di giustizia, nel turbinio di eventi che non sono in grado di gestire. Così rovina a terra Lo staffato e con lui tutti i suoi valori: una manciata di polvere insanguinata, trascinato verso il suo destino da un cavallo nero come la notte.
Serena Tacchini
G. Fattori, Piantoni. Il muro bianco (In vedetta), 1874, olio su tavola. Fondazione Progetto Marzotto. G. Fattori, Lo staffato, 1879 circa. Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti.
G. Fattori, Il campo italiano alla battaglia di Magenta, 1862. Collezione privata. G. Fattori, Soldati francesi del ’59, 1859 circa. Viareggio, Istituto Matteucci. G. Fattori, Garibaldi a Palermo, 1860-’61, olio su tela, 88 x 132 cm. Collezione privata, courtesy Società di Belle Arti, Viareggio.
Articolo pubblicato su Artribune [01.11.2016]: https://www.artribune.com/report/2016/11/mostra-federico-zandomeneghi-palazzo-zabarella-padova/
MOSTRA | FATTORI |
DOVE | Padova, Palazzo Zabarella |
QUANDO | Evento concluso il 28 marzo 2016 |
CURATORI | Francesca Dini, Giuliano Matteucci e Fernando Mazzocca |
CATALOGO | Marsilio |
SITO WEB | http://www.palazzozabarella.it |